domenica 17 gennaio 2010


Scuola familiare
l'esperienza nello specifico

IL PRIMO ANNO
Al ritorno dal primo giorno di scuola statale chiesi a mio figlio di farmi vedere cosa avessero fatto in classe.
Sulla pagina del quaderno a righe c’era scritto (di suo pugno) luogo e data e poi: “ io mi chiamo Olmo e sono felice di essere a scuola”. Tutte queste letterine erano state copiate alla lavagna, lui non sapeva assolutamente quale fosse il loro significato, il metodo a pappagallo, per imitazione, raggiunge il cervello dei bambini per sfinimento. Essi saranno degli ottimi consumatori domani, quando con lo stesso metodo li imbottiremo di spot pubblicitari e verranno indotti agli acquisti senza pensare. Nei primi tre mesi il bambino aveva già approcciato lo stampatello maiuscolo, il minuscolo e il corsivo.
Ricominciammo da capo.
Avevo letto dei libri su Rudolf Steiner * ma, soprattutto, avevo conosciuto amici veneti i cui figli frequentavano una scuola steineriana, dai loro quaderni e dai racconti imparai molte cose. Inoltre abbiamo visitato tre scuole, in Toscana, Lazio e Puglia.
Erano molto interessanti, stentavo a credere che un uomo vissuto nei primi anni del novecento fosse così avanti e che la pedagogia italiana non si ispirasse affatto ai suoi metodi, così semplici e geniali. Io non ne avevo mai sentito parlare. L’idea di iscriverlo in una di queste scuole private era per noi irrealizzabile perché non ce ne sono dalle nostre parti e costano molto. Inoltre portare Olmo in una scuola privata dove i bambini sembrano stare in un mondo incantato, le famiglie si frequentano come in una comunità chiusa, ci stava un po’ stretta, quindi imparammo il maggior numero di cose possibili e le trasferimmo nel nostro modo di fare scuola. Io credo che: “imparare a pensare è importante come sapere”. Quindi nulla doveva essere indotto “a memoria”, puntai sulla comprensione passando attraverso la stimolazione sensoriale.
LINGUA ORALE
Sui programmi ministeriali (che ogni anno scarico da Internet) nel primo anno di scuola è sottolineata l’importanza del saper parlare e comprendere altri che raccontano. Bisognava ascoltarlo mentre ci spiegava le regole di un gioco o l’avvistamento di una lucertola e chiedergli, alla fine di una nostra lettura, cosa gli fosse piaciuto. Spesso dopo aver visto un film di animazione domandare a lui di raccontarlo al papà, che non lo conosceva. Questi erano esercizi di scuola, ascoltarlo, aiutarlo nella sintesi e nell’uso di nuove parole per descrivere. Lo facevamo tutti molto volentieri.

LEGGERE
Perché bisogna imparare a leggere e a scrivere? Magari il bambino non ce lo chiede, ma quando cominciamo a farlo lavorare su questo lui certamente se lo domanda, perché? Perciò abbiamo deciso che ogni sera avremmo letto ad Olmo una favola o un racconto breve, perché sentisse che leggere e scrivere aveva un senso, emozionava e comunicava cose nuove. Non ho tenuto la memoria di tutti i libri che mia figlia Aurora gli ha letto, ma ricordo alcuni autori che posso consigliare per fasce d’età. **
A lui piaceva molto e nell’arco degli anni siamo passati dalle favole ai libri, letti un capitolo per sera. I suoi gusti sono cambiati crescendo, e la lettura ad alta voce con la pratica è diventata fluida ed interpretata. Un bene per entrambe le parti. Il bambino scopriva piano piano che si legge per conoscere, divertirsi, sognare e per molte altre ragioni ancora. Quindi il perché leggere era a lui comprensibile, più difficile era spiegargli perché scrivere. Infatti questa è una posizione completamente diversa, si scrive per comunicare agli altri cose che vengono da noi, per ricordare episodi e fissarli su carta ecc. ma un bambino di sei anni, nella sua vita reale non ha di queste esigenze. Dunque era e fu una forzatura insegnargli a quell’età i rudimenti dell’italiano scritto. Cercai di farlo proponendogli cose divertenti.


*”Arte dell’educazione” Rudolf Steiner Ed. Antroposofica
“Il settimo anno” Hermann Koepke Ed. Arcobaleno
** Leo Lionni (tutto), Gianni Rodari (storie brevi), Michael Ende “Il segreto di Lena” “A scuola di magia” “La notte dei desideri”, Daniel Pennac “L’occhio del lupo” “Abbaiare stanca”, Roald Dahl (tutto) “Cipì” di Mario Lodi, i libri di molte collane per la scuola come Enaudi scuola (“La freccia azzurra” Rodari “La casa asac” Borsani) o la serie del “Battello a vapore” (bellissimo “Il folletto a righe “ di Marìa Puncel) degli “Istrici” ecc. Poi libri più consistenti come: “Le tredici vite e mezzo di Capitan Orso Blu” di Walter Moers (divertentissimo e geniale) “La storia infinita” e “Momo” di Michael Ende, il ragazzino crescendo preferiva i racconti di avventura e di magia perciò “Harry Potter” di J.K.Rowling, “Artemis Fowl” di Eoin Colfer, “Deltora” di Jennifer Rowe, “Le avventure di Meschino” di Kate DiCamillo , “Monty” di Tor Seidler.


Alcune idee per memorizzare le lettere dell’alfabeto:
“Le lettere dell’alfabeto fanno parte della nostra vita,” dissi un giorno a Olmo “sono tutte intorno a noi, andiamole a cercare.” Il bambino non mi credeva, ma si fidava di me, perciò partimmo alla ricerca delle lettere del mondo. Quando incontrammo questa bellissima A non credeva ai suoi occhi.
Scovammo lettere dell’alfabeto in molti oggetti di uso comune, alcuni somigliavano alla letterina da cui prendevano il nome (come crosta o cornetto).
Abbiamo scoperto tutte le lettere dell’alfabeto, in stampatello maiuscolo nelle cose del mondo, quelle che ci mancavano le facevamo con le dita o con il corpo.
Quando tornavamo dalle nostre piccole spedizioni scrivevamo la letterina che avevamo trovato, per ognuna avevamo una scatola all’interno della quale raccoglievamo fotografie, reperti e disegni che ne illustravano le caratteristiche. Poi cominciammo a giocare con i disegni delle lettere. Olmo le scriveva, poi doveva trovarci dentro una figura.
Trovai una storia bellissima di Leo Lionni: “L’albero delle parole” che raccontava come, una volta, esistessero alberi i cui frutti erano lettere dell’alfabeto. Con l’argilla e degli stampini modellammo tantissime lettere che, una volta cotte furano appese nel salice del giardino. Avevamo anche noi un albero delle parole sotto al quale sederci quando eravamo poeti in cerca di ispirazione.
Le vocali le drammatizzammo in modo teatrale.
A è la vocale dell’Ammirazione , E quella della difesa (esercito,elmo), I la vocale fatta per avvicinarsi (incontrarsi) la O è quella della meraviglia (il nostro viso pronunciandola si illumina di stupore) U è invece la vocale della paUra (dell’Ululato e dell’Urlo).
A questo punto potevamo cominciare a unire le lettere per formare delle parole. Ne inventavamo molte e molto più complicate man mano che ne scoprivamo, perciò con la sola A potevamo solo esclamare di risposta a qualche evento. Ma con la A e la B ci venne fuori un bel BABBA’ da gustare ascoltando la musica degli ABBA. Quando conquistammo la C andammo in cerca di una BACCA e subito ci uscì la CACCA e così via. Fu molto divertente. Usammo anche molti strumenti diversi per scrivere dalla piuma di un piccione immersa nella china ai gessetti, dall’etichettatrice per l’ufficio alle tempere a dito. Alla fine scoprimmo che la matita era lo strumento migliore, scriveva dappertutto e si poteva cancellare.
Così abbiamo approcciato tutti gli argomenti che dovevamo trattare in quell’anno.
e crescere con lui è stato molto divertente.
Sin da quel primo anno ho imparato ad accettare la mia infinita ignoranza, moltissime volte ho risposto ad una sua domanda: " Questo io non lo so", e poi andavamo a cercare le risposte, da altri, sui libri, in internet.
Il bambino ora sa che prendere coscenza di non sapere è un ottima base di partenza per conoscere, e pure io lo so.

5 commenti:

  1. Tutto questo è meraviglioso!
    Per fortuna c'è qualcuno che ancora fa i figli per il piacere di crescerli, di guardarli mentre imparano a conoscere e a vivere, e non per parcheggiarli da mane a sera nei box di palline dei centri commerciali e nei nido/asili/scuole/corsi pomeridiani,serali,notturni...
    Sicuramente Olmo verrà su intelligente, umano e speriamo felice!

    Fernanda

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  2. sono un'insegnante per le attività di sostegno ai bambini della fascia più fragile e questo metodo risulta senza alcun dubbio il più "accessibile" a tutti. Partire dal vissuto facendo esperienza concreta e diretta delle lettere dell'alfabeto, oltre che attivare l'interesse, la curiosità, l'attenzione e la voglia di fare, permette ai bambini di apprndere piacevolmente le strumentalità di base... finalmente avremo bambini che andranno volentieri a scuola!

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  3. Ciao,
    mi unisco per i complimenti e segnalo a tutti gli interessati l'invito alla presentazione di una scuola familiare collettiva democratica che si terrà a Guiglia MO il prossimo 1 luglio: http://www.educaresano.net/?cat=1

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  4. commovente, è così che deve essere

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