I primi numeri furono quelli romani.
Si contavano le cose con dei bastoncini, il bambino trovò subito utile unirne due formando una V e decidere che ne rappresentava 5, se ne univamo 2 in una x voleva dire che erano 10. Avevamo usato dei simboli. Da li a poco passammo ai numeri. Olmo manifestò subito una certa difficoltà nello scrivere il 3 e il 5 dal verso giusto, spessissimo li scriveva rovesciati, quindi glieli feci modellare con l’argilla facendogli incidere la bocca e gli occhi a seconda della direzione in cui “guardavano”. Molti numeri “andavano” a sinistra, 1 2 3 4 7 9, ma due di loro si dirigevano a destra, il 5 e il 6, solo lo 0 e l’8 ci guardavano in faccia. Lo scopo era dare un anima personale ad ogni numero, farlo diventare un personaggio indimenticabile.
In seguito scrissi per Olmo una breve storiella e incollai le sue letterine di terra cotta sul muro delle scale, ogni volta che entravamo e uscivamo le vedeva e, in breve smise di commettere errori sulla posizione dei numeri.
Le prime operazioni vennero fatte con un pallottoliere da noi realizzato.
Ma la vera scoperta fu la bilancia matematica.
In ogni operazione il bambino ricerca “l’equilibrio”. Se ad esempio, metto due pesi (i rettangoli azzurri) sul braccio destro (come nella foto: sul 4 e sul 2) in questo modo sta sommando i “pesi” dei due numeri. Nel braccio sinistro sistemerò il corrispondente “peso” della somma (6), quindi avrà ottenuto un punto di equilibrio sulla bilancia. Se il bambino si sbaglia il braccio pende dal lato in eccesso. Ci si possono fare tutte le operazioni, in questo modo Olmo visualizzava fisicamente le equivalenze e imparava divertendosi.
Ho trovato questo ausilio cercando in Internet ma, una volta capito il meccanismo lo si può costruire.
Naturalmente tutti i “giochi “ fatti con Olmo avevano un corrispettivo sui suoi quaderni. Le operazioni, per intenderci, venivano scritte e messe correttamente in colonna.
In questo primo anno (dopo il mese di dicembre) abbiamo affrontato le tabelline. Io avevo dei ricordi scolastici angoscianti perciò mi diedi molto da fare per renderle più divertenti possibili. Costruimmo un tabellone tipo “tombola” sempre fino alla tabellina del 5. Io tiravo su da un sacchetto le moltiplicazioni, es. 2x3, il bambino doveva trovare il 6 nella sua scheda. C’erano dei premi come in ogni tombola che si rispetti, per l’ambo, il terno, la quaterna ecc. Poi un mattino disegnai su una parete della casa un cerchio giallo diviso in 10 parti uguali,
in ogni parte della circonferenza ho scritto un numero progressivo da 0 a 9 in senso orario. Avevo letto, in un quaderno di esercizi dei miei amici veneti, che legando un filo allo 0 e fissandolo nelle unità corrispondenti ad ogni tabellina si creavano forme geometriche diverse, la vista delle quali aiutano il bambino a memorizzare le tabelline. Provai.
Alcune tabelline, come quella del 2 e del 5 sono semplici da memorizzare, per le altre ho adattato giochi come il memory. Usavo 20 rettangolini di carta, in 10 scrivevo le moltiplicazioni e nelle altre 10 i risultati. Li disponevo sul tavolo coperti e ci giocavo con Olmo (per chi non conosce il gioco, lo scopo è ritrovare i 2 corrispettivi scoprendo due carte alla volta, se non si indovina si ricoprono e si passa il turno al compagno). Il fatto che io abbia una pessima memoria ha reso più divertente il gioco, dato che lui vinceva spesso.
Scrivere da un lato di un cartoncino la moltiplicazione e dall’altro il risultato e far ricordare al bambino cosa c’è sotto è anch’esso molto utile. Inoltre ho usando gli “unisci puntini”, che comperavo o scaricavo in internet, cancellando i numeri progressivi e sostituendoli con quelli di una o più tabelline si può memorizzare disegnando.
Abbiamo fatto molti altri “giochi tabellina” nei successivi 3 anni di scuola. Per imparare quelle dal 6 al 9 e per ripassare. Un metodo interessante, quando una tabellina è particolarmente ostica e se si hanno delle scale da fare per arrivare in casa, è attaccare o disegnare le tabelline una su ogni gradino e chiedere al bambino di leggerle ad alta voce salendo o scendendo le scale. Con la fretta di arrivare Olmo, prima le leggeva poi le imparava a memoria così andava molto più veloce.
Ci sono molti altri modi, uno è con le carte Piacentine (o da scala 40 togliendo le figure). Si mette il mazzo coperto al centro del tavolo, si sceglie il numero della tabellina da ripassare e si mette vicino al mazzo, scoperta. A turno si gira una carta dal mazzo e, velocemente, si dice il numero del risultato della moltiplicazione che c’è a tavola. Es. se la tabellina è del 5 (perciò la carta scoperta vicino al mazzo è 5) e io scopro un otto devo urlare “Quaranta!”.
Perde chi non lo sa o ha delle esitazioni.
Naturalmente non è tutto qua, molti altri esercizi e giochi sono stati fatti per imparare a leggere, scrivere e far di conto a mio figlio. Questi sono quelli in cui mi sono divertita di più. Già perché, passato il primo momento di paura, lavorare per insegnare ad Olmo è diventata per me un attività molto gratificante. Soprattutto quando il bambino reagiva positivamente, ma anche quando le cose non funzionavano e dovevo inventarmi qualcosa di nuovo per coinvolgerlo.
giovedì 21 gennaio 2010
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"Perde chi non lo sa o ha delle esitazioni"...è possibile insegnare le tabelline senza far perdere nessuno. Mi creda. La scuola, in certi casi, è fatta di insegnanti che ricercano strategie d'apprendimento senza coinvolgere dinamiche competitive. Già ce ne sono troppe nella vita reale...
RispondiEliminaBenissimo, tipo?
RispondiEliminaPerchè questo blog è nato per aiutare, le mie proposte sono discutibili, naturalmente, figuriamoci, non sono neppure un insegnante, io sono una mamma con molta buona volontà, come tante donne che troverà nei commenti di queste pagine o in giro per l'italia.
Le credo, so benissimo che ci sono molti insegnanti che ricercano strategie d'apprendimento senza coinvolgere dinamiche competitive, ne conosco alcuni da anni ed altri ne ho incontrati nella scuola che mio figlio sta frequentando, ma mi domando, caro anonimo, quando sarà possibile collaborare, mettere in campo le proprie competenze a favore degli unici che di questo hanno il sacrosanto diritto:
i bambini
invece di cercare solo la polemica.